Mangiano meglio i bambini
liberi di pasticciare nel piatto
Come rendere lo svezzamento un periodo sereno e persino «educativo»
MILANO - Chi fa da sé non solo fa per tre, come dice il proverbio, ma impara meglio. Lo dimostra un recente studio condotto su 155 bambini dai 20 mesi ai 6 anni e mezzo, recentemente pubblicato da BMJ Open. «Se all'inizio dello svezzamento — spiegano Ellen Townsend e Nicola Pitchford, dell'Università inglese di Nottingham, autori dello studio — si lascia che i bambini mangino da soli pasticciando con il cibo, senza paura di macchie e guai vari, si è visto che imparano a gustare di più quello che hanno nel piatto, ad amare alimenti più sani e a saziarsi prima rispetto ai piccoli ai quali il cibo, ridotto a pappe e purea, viene dato con il cucchiaino dalle mamme». LO STUDIO - Townsend e Pitchford hanno condotto la loro ricerca chiedendo ai genitori di rispondere a un dettagliato questionario sulle modalità di svezzamento e le preferenze alimentari dei figli. I ricercatori hanno così osservato che nella maggioranza dei casi i genitori (almeno quelli inglesi) facevano istintivamente le scelte che si sono poi rivelate giuste, lasciando che i piccoli si nutrissero da soli, con cibi adatti a loro, ma non ridotti in purea. E questo ha comportato non pochi vantaggi: i bambini cui era consentito di far tutto da soli, di sporcarsi e di mangiare anche cibi "solidi", da grandicelli rivelavano una preferenza per alimenti come pane, pasta, riso. Quelli che invece venivano imboccati dai genitori con pappine varie amavano soprattutto i gusti dolci, nonostante la loro dieta fosse mediamente più varia e composta con migliori mix di verdura, frutta, carboidrati e proteine. E c'è di più: i piccoli che mangiavano da soli sono risultati, negli anni successivi, meno soggetti a sovrappeso e obesità. Una differenza, questa, non spiegata dal peso alla nascita, da fattori socioeconomici o dall'eventuale obesità dei genitori (tutti elementi che contano per l'indice di massa corporea dei bambini, ma che nella ricerca sono stati "scontati" come possibili fattori di confusione).
MANI NELLA PAPPA - Secondo i ricercatori, quindi, le modalità di svezzamento avevano avuto un ruolo non secondario. «Lo studio è interessante, ma è difficile trarre indicazioni definitive sugli effetti delle modalità di svezzamento in relazione al sovrappeso — osserva Claudio Maffeis, pediatra dell'Università di Verona esperto in nutrizione infantile —. I bambini studiati erano già grandicelli e un'alimentazione prevalentemente a pappe dopo i 18-24 mesi, come quella seguita da alcuni dei piccoli inglesi, non è consueta: gli alimenti semisolidi vanno introdotti fra i 6 e i 12 mesi, poi bisogna rendere il pasto del bambino man mano sempre più simile a quello dell'adulto. Detto ciò, è senza dubbio vero che lasciar pasticciare i bambini con il cibo è molto utile fin dal periodo delle pappe: mettere le mani nel piatto proprio e in quello dei "grandi" è un istinto naturale da non reprimere. Sperimentare e "giocare" con i cibi è il modo migliore per far sì che si instauri un rapporto sano ed equilibrato nei confronti del l'alimentazione».
ABITUDINI - Aggiunge Ellen Townsend: «Masticare un pezzetto di carne consente di apprezzarne la consistenza; lo stesso alimento ridotto in purea non ha il medesimo effetto sul senso di sazietà, sul gusto, sulla gratificazione. E apprezzare appieno i cibi comporta di solito una minor tendenza ad abbuffarsi che viene acquisita una volta per tutte». Conclude Maffeis: «Lasciare che il bimbo mangi da solo è importante perché acquisti autonomia, al di là dei possibili effetti sul peso e sulle scelte alimentari future. Su questi fattori, a mio parere, incidono di più le abitudini familiari: i bambini imparano per imitazione e se in tavola arrivano cibi vari e sani sarà per loro naturale, poi, non eccedere con le porzioni, o con alimenti poco salutari».
Alice Vigna – Corriere della sera: http://www.corriere.it/salute/nutrizione/12_aprile_27/svezzamento-meli_1e8960b4-5718-11e1-a6d2-3f65acf5f759.shtml